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Eterna giovinezza, per ora è illusione. Occhio alle cliniche che vendono sogni

3 giugno 2020 / Notizie

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Eterna giovinezza, per ora è illusione. Occhio alle cliniche che vendono sogni

Come se la vecchiaia fosse una malattia da cui guarire - e non una stagione della vita da affrontare nel modo migliore con l’uso della medicina, ma anche della propria intelligenza e volontà (nell’alimentazione, nelle abitudini, nell’attività fisica) – nel mondo si assiste a una vera e propria fioritura di “cliniche anti-invecchiamento”, più che mai attive in Francia, Stati Uniti e Svizzera, all'insegna del motto “ringiovanisci con l’ormone della crescita”. L’origine del fenomeno risale al 1990 circa, quando uno studio sugli effetti generali di tale ormone utilizzato per il trattamento di anziani evidenziò diminuzione degli strati di grasso, aumento di massa corporea e densità ossea: elementi che allora furono ritenuti sufficienti per proclamare risultati di ringiovanimento.

Da qui, l’effetto domino che ha dato il via al filone delle cliniche specializzate contro la vecchiaia; dove ad esempio si pratica un trattamento per iniezioni ad un costo che va dagli 8000 ai 10.000 euro (il preparato ormonale di base è piuttosto caro). E non è tutto: da poco si reclamizza su Internet la vendita di sostanze dietetiche supplementari come l'arginina, che sarebbero “capaci di aumentare la produzione dell'ormone della crescita” e di far ringiovanire, insieme con altri misteriosi preparati “naturali” che avrebbero lo stesso effetto. Ma a che punto siamo con i risultati scientifici? Uno studio recente su 27 donne e 37 uomini di età tra 68 e 88 anni - mediante somministrazione dell'ormone per 6 mesi e mezzo - conferma l'effetto descritto nel ‘90 sulla massa corporea, senza però dimostrare beneficio alcuno sulla forza muscolare e sulla capacità respiratoria sotto sforzo.

Identici i risultati di un lavoro precedente su 75 uomini in età 70-85: anch’esso non evidenzia effetti sulla forza muscolare. In un quarto studio, infine, si sono abbinati alla somministrazione dell'ormone esercizi muscolari: e neanche in questo caso si sono rivelati effetti aggiuntivi dell'ormone rispetto a quanto ottenuto solo con gli esercizi.

Diete anti-intolleranze. I pro e i contro (specie in chiave dimagrante)

Diete dimagranti? Meditate gente, meditate. Un consiglio che i nutrizionisti non si stancano mai di ripetere, a fronte di un'offerta praticamente illimitata di metodi che garantiscono risultati prodigiosi in tempi cronometrici. Ma i miracoli non sono di questo mondo. Ecco perché gli esperti invitano comunque a diffidare del "tutto e subito".

E recentemente esortano a vagliare con attenzione le ricette di quanti, tra gli operatori dell'industria del dimagrimento, propongono di applicare ai problemi di linea le cosiddette "diete ad esclusione". Partiamo dal principio. L'iper-irritabilità dell'organismo nella società contemporanea è un fatto assodato, a margine del quale si è sviluppata la teoria delle intolleranze alimentari, in base alle quali alcuni cibi si ritengono in grado di provocare, nell'organismo dei soggetti ad essi sensibili, un accumulo di tossine, capaci a loro volta di stimolare il sistema immunitario. Meccanismi responsabili, a sentire chi se ne occupa, di una serie di malanni: cefalee, vertigini, artrite, asma, insonnia, gonfiori. Detto in sintesi, la contromossa è semplice: eliminare gli alimenti intollerati, appunto con una dieta ad esclusione.

Ora, il punto è che alla lista dei presunti guasti da intolleranza sono state presto aggiunte le voci che agitano i sonni dei "forzati della bilancia": obesità e cellulite. Ed è qui che diversi medici invitano a frenare; perché - avvertono - se per certe patologie lavorare sulle intolleranze può essere di grande aiuto, una dieta basata sulla proscrizione totale di cibi non serve a far dimagrire, anzi può creare scompensi nutrizionali. Senza contare che i test di rilevazione delle intolleranze costano, parecchio; e che la questione del dimagrimento spesso può essere affrontata semplicemente con il buon senso. Si vuole provare una dieta ad esclusione a fini dimagranti? La proposta provocatoria di alcuni è: sostituiamo carboidrati, zuccheri, latticini, olio, burro, salumi e così via, con carne, pesce, verdura e frutta. Se dopo qualche settimana si sarà dimagriti vorrà dire non che si era intolleranti, ma che si è mangiato meglio.

La gola non ha più colpe. La pancetta sembra essere un fatto genetico

La fine di un incubo, oppure l'inizio: tutto dipende dai punti di vista. Di certo la notizia della scoperta per cui la tendenza a ingrassare dopo i cinquant'anni sarebbe dovuta non a eccessi alimentari, ma ad un gene (o meglio di una sua variante) è di quelle destinate a far clamore. I golosi festeggeranno, sentendosi depenalizzati: dolci e maratone gastronomiche non li costringerebbero più a sentirsi in colpa; i cultori della forma fisica rischiano invece di cadere in depressione, al sapere che, sia come sia, i loro sforzi di disciplina alimentare servono a poco. A sostenere la natura genetica della "pancetta" è l'equipe di ricercatori italiani del Dipartimento assistenziale di Clinica medica dell'Università Federico II di Napoli, diretta dal professor Pasquale Strazzullo.

Il team di studiosi ha infatti dimostrato come i soggetti che presentano la variante denominata 'DD' del gene dell'Ace (Angiotensin converting enzyme) abbiano, con l'avanzare degli anni, una forte tendenza al sovrappeso, dovuta a un'eccessiva adiposità addominale (la pancetta, appunto) e all'incremento della pressione minima. I ricercatori partenopei precisano che l'obesità (divenuta una grave minaccia alla salute, perché associata a rischi elevati di sviluppare diabete, ipertensione, infarto, ictus cerebrale, artrosi ed alcune forme di cancro) è una malattia geneticamente 'complessa', risultato dell'attività di decine, forse centinaia, di geni diversi. E nel favorirne lo sviluppo, la componente ambientale, le abitudini di vita, sono altrettanto importanti".

Contro la sedentarietà-killer, proposta una “Giornata mondiale per il movimento”

Sembrerà incredibile, ma invece è bene mettere da parte lo scetticismo e prendere nota. La “pigrizia” uccide nel mondo quasi due milioni di persone l'anno; ed è lei la responsabile di una quota fra il 15 e il 20% dei casi di infarto, diabete e alcuni tumori.

Il dato (in parte scioccante) ha tutti i crismi dell’autorevolezza: arriva dall'Organizzazione mondiale della sanità che, dalla prima Conferenza internazionale per lo sport e lo sviluppo a Magglingen (Svizzera), lancia “Move for Health”, un'iniziativa mondiale da tenersi annualmente al fine di promuovere l'anno l'attività fisica come strumento preventivo, come ingrediente fondamentale per la salute e il benessere.

Il 10 maggio: questa la data individuata. L’Oms propone ai propri Stati membri che divenga una ricorrenza fissa, per celebrare ogni anno la “Giornata del Movimento” per la Salute, con una serie di iniziative mirate. D’altra parte si tratta di un problema vero; e serio.

Nel mondo – stima il direttore generale dell'Oms, Gro Harlem Brundtland - più del 60% degli adulti non è abbastanza attivo. E l'aumento delle patologie croniche è solo una conseguenza. Oggi – dice ancora Brundtland - malattie croniche come cardiopatie, diabete, malattie respiratorie e obesità sono ora la maggiore causa di morte e disabilità nel mondo.

Per arginarle una soluzione è convincere tutti dell'utilità di almeno 30 minuti di attività fisica moderata al giorno: passeggiate, corse, pedalate e lezioni di sport organizzate all'aperto.

Il colesterolo va ko contro la verdura

Prevenire i rischi di disturbi al sistema vascolare? Oltre alle terapie a base di medicinali anticolesterolo, si può seguire la strada della disciplina alimentare. In base ai risultati degli studi di alcuni esperti della nutrizione canadesi, una dieta su misura a base di verdure e soia può ottenere tanto quanto i più efficaci farmaci tradizionali. Certo, occorre un rigore ferreo nell'osservare le regole: non basta infatti consumare verdura e soia in quantità; per avere un vero e proprio effetto "farmacologico" bisogna seguire scrupolosamente le indicazioni di questa nuova dieta. Che prescrive molti ingredienti fondamentali: crusca, peperoncino, broccoli, latte e salsicce di soia, pane, orzo, frutta e noci non sono che alcuni di essi.

Il metodo seguito dal pool che ha condotto lo studio (formato dal professor David Jenkins dell'Universita' di Toronto e da alcuni suoi colleghi) è stato quello di provare mettere in una stesso "programma alimentare" cibi che già in passato si erano dimostrati capaci di diminuire il colesterolo (come nocciole e orzo). Ebbene, in tutti i 13 volontari arruolati per testare la dieta, dopo un mese il colesterolo è calato del 29%, una diminuzione paragonabile a quella che si ottiene con le statine.

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